La meditazione dell’uvetta: lode alla semplicità

Meditazione dell'uvetta

Alcuni anni fa ho partecipato ad un bellissimo corso di Mindfulness e ricordo molto bene che la prima pratica che abbiamo svolto in gruppo fu la meditazione dell’uvetta.

Per me fu una rivelazione! Nella semplicità di quella pratica ho trovato un senso profondo in quello che stavo facendo. Questo anche grazie alla guida delle due bravissime facilitatrici di Mindfulness.

Mi ricordo che ho posto piena fiducia nella pratica e con la mente del principiante ho seguito passo passo la meditazione. Ne ho ricavato il messaggio più importante: se siamo davvero presenti, ogni istante è molto più ricco di quando siamo distratti.

Come si svolge la meditazione dell’uvetta

La meditazione dell’uvetta, in un gruppo di Mindfulness o Mindful Eating, si svolge nel seguente modo

  1. ad ogni partecipante viene data un’uvetta e viene richiesto di esercitare i cinque sensi.
  2. prima di tutto si osserva l’uvetta, come se non si sapesse cos’è e che sapore ha. Si porta attenzione alla sua forma, al colore, alla dimensione.
  3. Si procede con l’olfatto; si annusa a lungo l’uvetta con entrambe le narici.
  4. Si continua con il tatto e l’udito. Si sente la consistenza dell’uvetta con i polpastrelli e si ascolta l’uvetta per sentire che suono produce avvicinandola all’orecchio e rigirandola un po’ con le dita.
  5. La parte finale è chiaramente nella bocca dove, però, l’uvetta non deve subito essere masticata. Deve prima essere appoggiata sulla lingua dove si cerca di avvertire il sapore che ha. Quindi, lentamente, si addenta e si porta attenzione al suo sapore complessivo.

Chiaramente descritta in questo modo non è la stessa cosa che praticare con la conduzione di un facilitatore in Mindfulness ma la mia scaletta può rendere l’idea di come viene svolta per punti questa bellissima pratica.

L’importanza di questa pratica

La meditazione dell’uvetta è Mindfulness allo stato puro.

Con un semplice e piccolo frutto appassito viene trasmesso l’insegnamento fondamentale di questa disciplina è cioè che nella presenza consapevole noi siamo molto di più di quando siamo “altrove”. Tendiamo costantemente a perderci nei nostri pensieri rivolti al passato o al futuro o nei nostri ragionamenti e questo toglie significato al presente.

Nella presenza tutto è avvertito con maggiore chiarezza e intensità.

Nella presenza la vita non scorre come se fossimo dei sonnambuli. Nella presenza il nostro corpo fisico e la nostra mente sono allineati e alleati. La mente non vaga dove vuole ma viene direzionata all’esperienza presente e le viene richiesto di rifocalizzarsi ogni volta in cui tende ad allontanarsi nuovamente.

Una meditazione semplice per ritrovare la semplicità

I grandi insegnamenti non devono per forza arrivare dopo un percorso lungo e faticosissimo di esercizio mirato.

Certamente disciplina, applicazione, studio ed esperienza possono portare a grandi risultati nel campo della consapevolezza ma la pratica dell’uvetta, nella sua semplicità e facilità, non è meno illuminante di esercizi più complessi e strutturati.

Oltre all’insegnamento fondamentale che porta con sé, mi ha permesso di sentire con maggiore forza che il cibo è sempre un mondo di sapori che diamo per scontati e che sottovalutiamo con leggerezza e superficialità.

Spesso mangiamo credendo di avvertire tutte le sfumature del cibo ma in realtà siamo talmente distratti e veloci nell’atto del nutrirci che assaporiamo pochissimo e ci arrivano solo le sensazioni più forti, perdendoci tutte le sfumature.

Il cibo vero è il più saporito!

Le sensazioni legate al sapore del cibo possono essere tantissime! Ma noi, essendo spesso di fretta e altrove con la mente, ne cogliamo poche e in questo modo ci godiamo meno quello che mangiamo e impoveriamo l’esperienza del pasto.

Questo ci porta, di conseguenza, spesso a ricercare piacere nei sapori decisi, edulcorati, ricchi di zucchero o di sale e quindi nei cibi industriali. Questi sono pensati e realizzati apposta per “stordirci” con dei sapori poco naturali, artificiali, iper-stimolanti per le nostre papille gustative.

Le papille gustative, invece, quando tornano ad allenarsi al cibo semplice, come l’uvetta, cominciano ad apprezzare sempre di più la sobrietà di un pasto e i sapori veri e autentici, non camuffati, di quello che ci serve davvero per nutrire il corpo fisico al meglio.

Per me l’esperienza della meditazione dell’uvetta è stata illuminante e mi ha aperto un mondo.

Mi piacerebbe che tutti la provassero e mi facessero sapere come è andata!

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